Un po’ di citazioni di Alberto Sordi in ordine sparso. Alcune sul cattolicesimo, altre sul fascismo o sul matrimonio, qualche citazione dai suoi film…
- [Riferendosi a Carlo Verdone]: A Carlè, magari avessi avuto un figlio come te, anche se proprio bello nun sei… Oh, non giudicatelo dalla faccia perché Carlo è un ragazzo intelligente… A Carlè, io vorrei ave’ l’età tua, cieco de n’occhio.
Intervista Cinema e tagliatelle, Il Monello, n. 17, 1975, Casa Editrice Universo
- La mia comicità non è mai stata astratta, gratuita. L’ho sempre ricalcata sulla realtà del momento.
- Nei miei film io mi limito a riflettere le inquietudini di tutti noi, il pessimismo dilagante.
- Se Fellini mi dicesse: «Albe’, ho una parte per te nel mio prossimo film…» Eh, allora come faccio a dire di no? Con Federico ho fatto «Lo sceicco bianco», «I vitelloni», e se so’ quello che sono, oggi, lo devo anche a lui, no?
- Sa perché dicono che sono avaro? Perché i soldi non li sbatto in faccia alla gente, come fanno certi miei colleghi.
- Sono un credente, un cattolico osservante. La domenica vado a messa. Mi faccio la comunione. Be’, diciamo la verità, è deprimente constatare che la mia religiosità stupisce, non le pare
- Se il mondo fosse come lo presenta un certo cinema d’oggi, sarebbe un incredibile bordello.
- Dubito fortemente di poter essere matrimoniabile.
- Alla mia età ho fatto il callo alla solitudine. Una solitudine, però, molto relativa, perché il lavoro riesce a riempire completamente la mia esistenza.
- Voglio realizzare un film su Henry Kissinger. Prima di tutto, perché gli somiglio moltissimo, al punto che quando vado negli Stati Uniti la gente si ferma a guardarmi per strada, mi blocca e mi chiede l’autografo.
- Il personaggio di Kissinger mi affascina. È un po’ Metternich, un po’ Talleyrand, non sta mai fermo, tira le fila dei destini del mondo…
- La sa quella storiella su Kissinger? Aeroporto di Washington: atterrano contemporaneamente tre jet, uno proveniente da Pechino, l’altro da Mosca, il terzo da Tel Aviv. E da tutti e tre scende, sorridente, Henry Kissinger. Divertente, no? La metterò nel film, che ne dice?
- Intervista di Nantas Salvalaggio Quando il balilla Sordi andò dal Duce, Corriere della sera, 8 gennaio 1986:
[L’incontro con Benito Mussolini] Io avevo intorno ai tredici anni, era il 1933. […] Ci sembrò un sogno. Una mattina alle 9, a Palazzo Venezia, l’usciere Navarro ci fa entrare nella mitica Sala del Mappamondo. Era immensa e lustra come uno specchio. Mi tremavano le gambe. Il Duce ci aspettava dietro un grande tavolo. Salutiamo romanamente nelle nostre divise fiammanti. Poi il Duce parla con voce rotonda: “Camerati, vi ascolto”. Al che il veterano si slancia in avanti: “Eccellenza, Duce, ecco il mio piano laborioso. Darà lavoro a centinaia di persone”. E gli porge alcuni fogli con mappe e grafici. Passano cinque, dieci secondi, sufficienti perché Mussolini intuisca tutta l’inconsistenza del progetto. “Mi vorreste alla posa della prima pietra? No – dice –, vi do tempo. Verrò all’ultima”. Così ci licenzia, e noi usciamo dal palazzo come cani bastonati. […] Mi è servito in seguito. Non ho più raccomandato nessuno. Quando c’è qualcuno che insiste, gli dico: guarda, mi è andata male perfino con il Duce. - [Mussolini] Mi faceva ridere. Per me era un grande attore comico, forse involontario. Naturalmente lo ammiravo, come tutti. Però, ripeto, mi faceva ridere. Aveva delle battute impressionanti.
- [Ettore Petrolini] Come era? Bah, non vorrei dare scandalo, ma non mi ha fatto grande impressione. Lo stesso Bonnard, che lo ha sostenuto moltissimo, anni dopo mi confessava che, insomma, la leggenda era più grossa dei suoi meriti. Sono le mistificazioni della intellighenzia. Neppure la Duse fu quel mostro di bravura che dicono. Anzi. Gente degna di fede assicura che in molte cose era abbastanza mediocre.
- [Il grande attore comico è] Fabrizi. Aldo Fabrizi è stato grandissimo. Ma i soliti snob lo trascurano, lo confondono con le sue macchiette e le sue ricette di pastasciutte. Purtroppo, succederà a Fabrizi quello che è capitato a Totò: verrà beatificato solo dopo la morte. Lontana sia. Questo è un Paese dove i critici si commuovono solo sui marmi dei sarcofagi.
- [Roma] È diventata un brutto parcheggio. È indecente il modo in cui viene degradata una delle più belle città del mondo.
- Ero in piazza Navona, il cuore della città. A un certo punto vedo spuntare, prima a destra e poi a sinistra, quattro ceffi che non promettevano niente di buono. Questi ti fanno blu, mi sono detto. Per fortuna, arrivato a pochi passi da me, uno dei ceffi mi riconosce: “Albe’ – grida – Albertone bello, ma dove cavolo vai a quest’ora di notte?”. E rimettendo in tasca qualcosa, che poteva essere una pistola o un coltello, mi dà una gran botta sulla spalla. Così fanno anche gli altri manigoldi. “Andiamo a bere qualcosa!” dice uno coi baffi. “No, grazie – mi difendo – ho un gran mal di testa, fate finta che ho accettato”. Qualche volta anche i teppisti hanno un’anima. Ma fino a quando?
- Intervista Un cristiano a Roma, di Roberto Rotondo in 30Giorni, gennaio 2000.
Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio: un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa. - Noi abbiamo avuto il privilegio di nascere a Roma, e io l’ho praticata come si dovrebbe, perché Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi.
- La festa del Carmine o quella dell’Immacolata Concezione, per esempio, con l’affluire disordinato e rumoroso dei devoti, per noi bambini erano sempre sinonimo di allegria.
- Il mio rapporto con il Padreterno si basa proprio sull’educazione che fin da piccolo i miei genitori mi hanno dato così come mi hanno insegnato a camminare e a parlare.
- Io la mia [madre] vedevo come la Madonna, senza peccato: per questo cercavo di preservarla da ogni dolore raccontandole, a volte, pietose bugie.
- Vado a messa, mi confesso, prego ogni giorno, credo nei dogmi e non li discuto.
- È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero. Che bisogno c’è di ragionarci su?
- La nostra pratica religiosa è sempre accompagnata dalla confessione: vieni perdonato dal prete, poi ricadi nello stesso peccato e torni a confessarti facendo il proposito di non ricaderci più. E stai di nuovo come un santo. L’importante è essere sinceri e non barare con il Padreterno.
- I preti ci hanno insegnato tutto, la socializzazione, l’equilibrio tra il bene e il male, il piacere del perdono dopo uno strappo alle regole.
- Anche la Chiesa può peccare di esibizionismo, di leggerezza, come quando è ossessionata dal problema di catturare il consenso dei giovani.
- Noi romani ci siamo sempre sentiti più sudditi del papa che dei re o di Mussolini, che non a caso ha subito fatto un concordato.
- A Roma un tempo, se uno passava di corsa, lo prendevano, lo sbattevano contro una porta e gli dicevano: «’Ndo’ scappi?». Perché a Roma, se correvi come un matto, poteva voler dire solo che scappavi.
- Una volta anche solo il fatto di andare a piedi, di salutarsi, di sentirsi parte di una società, aiutava a essere più umani.
- I preti tendono a mimetizzarsi, vivono e vestono come laici e si vergognano di mettersi anche una crocetta sul maglione (così non c’è da stupirsi se finisce che il semplice fedele poi si vergogna pure a farsi il segno della croce in pubblico).
- La nostra realtà è tragica solo per un quarto: il resto è comico. Si può ridere su quasi tutto.
- Non mi sposo perché non mi piace avere della gente estranea in casa.
- La ginnastica, il footing e le attività del genere sono in gran parte masochistiche, punitive della nostra istintiva passione per la spaparanzata.
- Nei casini ho visto nascere certi matrimoni tra i più ammirati nel mondo.
- Vuoi vedere che Nerone non era così matto, e forse era meglio bruciarla?
- “Gli italiani sono il popolo più meraviglioso del mondo.” “Ma è un luogo comune…” “Ah sì? E che ce posso fa’?”
- Non so fare niente, ecco il segreto del mio successo. (inviato da Marilena – Roma)
- Mi accorsi che avrei potuto raccontare la storia d’Italia con i miei film.
- La vita è un dono troppo grande per non godersela.
- Sono fuori dalle logiche politiche, per questo ho fatto la satira di tutti. (inviato da Romolo – Viterbo)
- Non sono i suoi fianchi che sono grossi, è la sua testa che è piccola!
- Mike Bongiorno: Come mai abbiamo la stessa età e io faccio jogging, sci e immersione… e tu no?
[dopo qualche istante di silenzio]
Alberto: La vecchiaia è una brutta bestia: c’è a chi je pija ‘e gambe e a chi je pija ‘a testa. - Gli italiani si governano da soli.
- Ma che, noi italiani ve imponemo a voi forse una trasmissione in televisione de nome Valmontone, Portogruaro, Gallarate? Perchè voi ce dovete rompe li cojoni con ‘sto Dallas?
Pietro Marchetti (Alberto Sordi)
dal film “Il tassinaro” - Signorina, capisco che un animo come il suo possa turbarsi, ma non il funzionario deve impressionarla, bensì l’uomo.
Dante Lombardozzi (Alberto Sordi)
dal film “Il Commissario” di Luigi Comencini
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