Sant’Agostino nella Città di Dio ci racconta di Enea e della sua discendenza:
Nel periodo dopo la conquista e la distruzione di Troia Enea, con venti navi con le quali si trasferivano i superstiti di Troia, venne in Italia. Vi regnava Latino, ad Atene Menesteo, a Sicione Polifide, in Assiria Tautane, dagli Ebrei era giudice Labdon. Dopo la morte di Latino regnò Enea per tre anni e nei paesi menzionati rimanevano i medesimi, eccetto Pelasgo che era re di Sicione e Sansone che era giudice degli Ebrei e che, essendo straordinariamente forte, era considerato un Ercole. I Latini considerarono Enea un dio perché, appena morto, disparve. Anche i Sabini annoverarono fra gli dèi il loro primo re Sanco o, come alcuni dicono, Sacto. In quel tempo Codro, re di Atene, senza farsi riconoscere, si espose per essere ucciso dai Peloponnesi, nemici della città, e così avvenne. Vanno dicendo che in questo modo liberò la patria. I Peloponnesi avevano ricevuto un oracolo che avrebbero vinto se non uccidevano il re. Li ingannò dunque mostrandosi col vestito di un accattone e incitandoli con insulti alla propria morte. Per questo Virgilio ha detto: Anche gli insulti di Codro. Gli Ateniesi venerarono anche lui come dio mediante l’onoranza delle offerte. Mentre era quarto re del Lazio Silvio, figlio di Enea non da Creusa, dalla quale nacque il terzo re Ascanio, ma da Lavinia, figlia di Latino, la quale, come si narra, lo mise al mondo dopo la morte di Enea, e mentre in Assiria regnava il ventinovesimo re Oneo e il decimosesto di Atene Melanto ed era giudice degli Ebrei il sacerdote Eli, ebbe termine il regno di Sicione che, come si tramanda, era durato novecentocinquantanove anni.